GIANNI CUSUMANO - AUTORE APPESO -

domenica 24 gennaio 2010

CRONACHE DAL VULCANO 6 -Morte di una generazione-

C'era uno scheletro senza testa nel cesso. Ricordo solo di averlo decapitato lungo la strada. Uno scheletro di gesso, o qualcosa del genere. Come è entrato nella mia vita, nel mio cesso, è uno schizzo di Johhny Walker in più nello stomaco. Una scia di cenere su una strada lapidea. Un passo strascicato e malfermo di un ubriaco in una città dominata per anni da orde di soldati mercenari spagnoli in costante trip religioso. Nel bel mezzo di una processione di confraternite unite indissolubilmente a una santa di nome Agata ho attraversato la fila indiana armato solo di una busta di plastica bianca, due peperoni rossi e una zucchina. Decine e decine di fanatici del “paradiso a tutti i costi” a costo di essere un bianco figlio del signore che vota a destra, dalla spiccata compassione a corrente alternata. Unita in una sola voce, questa tubo di carne, sangue e ossa implora stonati versi diretti all'aldilà, in cambio di una vita tranquilla dopo la vita. Straccia cazzi fotti bambini. Pericolosi estremisti forcaioli, pronti a tutto per soddisfare il loro avido bisogno di purezza bigotta. In fin dei conti, pare sia loro dovuto. Io e i miei peperoni. Io e le mie zucchine contro duemiladieci anni di dominio cristiano sull'umanità. Io e la mia piccola spesa attraversiamo la scia pagana di puritanesimo domenicale come una lama incandescente che scivola su una grossa bistecca al sangue, penetrandola da parte a parte. È durato il tempo di una paio di battiti di palpebra. Come interrompere una messa nera nel bel mezzo del sacrificio umano. Almeno, quella era la sensazione. Silenzio e centinaia di orbite rivolte verso di me. Un piccolo verme urbano mi ringhia contro qualcosa, “levati, spostati” cose del genere. Niente di importante. Lo guardi e lo dissolvi nell'aria con lo sguardo, simile a un peto armato. Quello che sai è che prima di uscire pensavi alla spesa, ai peperoni, alle zucchine. Invece scopri che ognuno, prima o poi, è chiamato ad assolvere la propria missione, se non altro un piccolo compito da svolgere nel tempo libero. In verità non ricordo quasi nulla. Cosa succede nella mente di un uomo di provincia quando gli effluvi satanici corrompono il suo sangue non è sempre chiaro. A.L.C.O.L. C'era questo mio fratello fraterno che decide di passare un week end col sottoscritto. "Vengo a trovarti" dice. Io dico solo "Va bene, ma portati le lenzuola. Qualcuno, prima di te, ci ha scopato. E non ero io." Allora lui arriva con due bocce di rosso afgano. Mi dice: "L'uomo che si scopa mia sorella porta la pace in Afghanistan." Stappiamo la prima boccia mentre il il grasso della salsiccia di mia madre cola dentro il fornetto a 210 gradi. "E' un veneto del cazzo" mi dice. Non si riferisce al vino. Io dico che sarebbe il caso di brindare. In TV Bersani si scusa di esistere col suo elettorato prima delle regionali. Il mio amico dice: "A quei cazzo di afghani, gli americani, li trattano come schiavi laggiù". Chiaro, dico io. Poi salto la cipolla in padella, preparo le melanzane, i peperoni, le zucchine, rispondo a mia madre al telefono, le dico: "Riguardati". Il vino è buono, dico, mentre sgrasso la salsiccia. Sono mesi che non evito più le fritture e sto decisamente meglio. Insomma ceniamo. Io, Raùl e la sua donna. Quando finiamo di cenare cerco di scrostare via delle macchie di merda dalle pareti del cesso. Ho cacato dopo settimane di astinenza dovuta all'irrespirabile clima politico che si respira attualmente in Italia. Uso lo spazzolone, io, ma a quanto pare non basta. Poi usciamo. La lava. Catania. Primo cicchetto di rum, e poi echi di bombe per le strade. Strade fredde. Chilometri di gelo, di pietra nera, liscia e crudele sotto i nostri piedi. La donna vuole visitare la città. E poi questo posto per adolescenti privati del senso dell'orrido. Iguana Pub. Cosa succede alle nuove generazioni? Davvero, cosa succede? Gli anni 80 non erano poi così male. Carpenter, e il resto. Ci sediamo e stalattiti di cartapesta minacciano di caderci in testa. Dance music nell'aria. Chiedo i Cure e mi accontentano. Poi un Long John, e qualcos'altro. Finte bare di vetro tutt'intorno. Poi un Long Island. Un altro Long Island. Una pisciata. Un altro long Island. Una Tennent's. Un'altra pisciata. Un Long Island. Il mio amico scatta qualche foto e sfioriamo una rissa col proprietario del posto. Flash azzurri e sangue. E poi questo maledetto scheletro. La cameriera alla cassa mi guarda. Io guardo la cameriera alla cassa. C'è questo cazzo di scheletro di gesso dipinto a mano che viene via dentro la mia tasca, e noi -la cameriera e io- continuiamo a guardarci. Adesso è mio. Pantera paga la cameriera. La cameriera non dice nulla e prende i soldi. In effetti non c'è nulla da dire. Dire qualcosa, adesso, sarebbe controproducente per la sua carriera. Perché mai? Solo una reliquia di una generazione morta. Sono un antropologo venuto dal futuro completamente ubriaco. Tengo stretto Tony (così si chiama il mio nuovo amico scarnato) dentro una tasca del mio impermeabile. Va bene così. Usciamo dal posto e comincio a cantare qualcosa dei Queen. Un soldato armato, lungo la strada, mi dice di fare meno casino. A quanto pare sto urlando. Dico: "SISSIGNORE SIGNORE!" Sbatto contro un'impalcatura e Tony perde la testa. È la fine. Poi nero. Poi gemiti di dolore alle 13 del giorno seguente. Io. Raùl. La sua donna ancora in vita. La mia tana. E uno scheletro decapitato che mi guarda mentre piscio.