GIANNI CUSUMANO - AUTORE APPESO -

venerdì 29 ottobre 2010

Piene di vita


La vita è un fiume di merda
sempre in piena
di fronte al quale
le parole di uno scrittore
possono decidere
se arginarlo
oppure
lasciarsi trasportare dalla corrente
sempre più a fondo.

mercoledì 27 ottobre 2010

Prenditi il tuo tempo



Sulla busta del mio tabacco
un elefante diceva “Prenditi il tuo tempo”
così l’ho preso in parola e sono uscito
e avrei voluto fare qualche passo in più
ma non sono riuscito ad arrivare
oltre il chiosco sotto casa
e lì c’era una gran folla
ad attendere il proprio turno.

Allora mi sono fatto avanti
ridicolo
col mio gilet di lana grigio
e i pantaloni unti d’olio,
come un topo fuori dalla fogna
ho arrancato fino al bancone
stringendo la mia moneta da 2 nella mano,
cercando lo sguardo del barista
impegnato a versare crema di cioccolato
dentro un bicchiere,
mentre dietro di me
uomini
e donne
e conti bancari
scambiavano parole tra loro
e io non capivo,
- davvero non capivo - .

E una donna inglese disse qualcosa sul tempo
e un uomo italiano rispose qualcosa a proposito
- in italiano –
e lei si mise a ridere
e il barista,
nel frattempo,
lasciò che un savoiardo annegasse
giù nel bicchiere di qualcuno
e vidi la crema di cioccolato
disegnare rivoli di sangue scuro
sulle pareti di vetro del bicchiere
mentre dietro di me
si andava avanti a ridere
e a far finta di nulla,
- a far finta di nulla - ,
perché era chiaro
che tra loro
non c’era comunicazione
e io pensai che se c’è una lingua
veramente universale
è quella di una donna
sul cazzo di un uomo.

E allora il barista si sporse verso di me
e io raccolsi il fiato quanto bastava per dire
“2 birre”
e subito dopo mi sentii sfinito
vinto
combattuto
e trovai giusto la forza
di appoggiarmi al banco
e aspettare,
aspettare le mie bottiglie
e finalmente
andare,
e allora lasciai scivolare la moneta,
la moneta da 2 lungo il marmo,
e la guardai annegare in una pozza acquosa
che non era acqua
anche se,
dietro di me,
ancora si parlava del tempo
e che un temporale aveva minacciato
il lento
immobile proseguire
di un altro
ennesimo
pomeriggio siciliano.


Ma di acqua non se n’era mica vista
e questo fece ridere le donne inglesi
che invece la pioggia
la conoscevano bene
e una di loro si avvicinò al petto dell’italiano
e lesse qualcosa su una medaglia di metallo
e vide che lui
era nato in un piccolo paese del Sud
e allora tornò a mostrare i denti
denti perfetti in puro stile british
denti politicamente corretti
che si pronunciarono
in un volgare
sguaiato
Sunnydaaaaay
aperto davvero a tutti.

E allora,
solo allora
il barista tirò a sé la moneta da 2
e finalmente potei tornare a casa
a riprendere tra le mani
il mio piccolo elefante di tabacco
senza sentirmi in colpa,
non più di tanto.

mercoledì 20 ottobre 2010

All'ora del caffè



All’ora del caffè
c’è ancora troppa polvere nell’aria,
fuori da queste tapparelle sporche
il mondo se ne sta in silenzio
come in castigo,
come dopo l’apocalisse
voglia Iddio.

All’ora del caffè
nessuno ha ancora fatto qualcosa
per le dita di Django
ma a lui va bene
e continua a suonare lo stesso per me
qui
nel mio bar.

All’ora del caffè
il passato è venuto a farmi visita
e aveva l’aspetto di una scatola di cerini
con un sagittario stampato su un lato,
ho provato a sfregarli
ma non si sono accesi
e forse è stato meglio così.

All’ora del caffè
nemmeno la puttana accanto
sembra avere problemi,
suo figlio sta forse sognando qualcosa
che lassù nella capitale
una folla di operai senza pace
custodirà per lui.

All’ora del caffè
una birra è già finita
e altre due aspettano il loro turno
stese nel ghiaccio di un freezer vuoto
che non ha mai smesso di sperare,
e chi sono io
per fargli credere il contrario.
All’ora del caffè
i mercanti della fiera
hanno ancora molto da vendere
e la gente della fiera
ha ancora molto da comprare
e forse è per questo che il mondo
non è il miglior posto del mondo.

All’ora del caffè
s’è già fatto troppo tardi
per prendere un caffè,
i telefoni ricominciano a squillare
i cani ad abbaiare
le donne a partorire
e gli assassini ad ammazzare.

All’ora del caffè
per qualcuno è sempre troppo dolce
e per qualcuno sempre troppo amaro
ma non c’è molto di che preoccuparsi,
basta aspettare
e con un po’ di fortuna
anche domani ci sarà un’ora del caffè
per poter riparare.

mercoledì 6 ottobre 2010

Allacciate le cinture







"I Frigo Tales sono un viaggio raccontato in diretta da viaggiatori che non si prendono troppo sul serio, ma al viaggio ci credono. Lo ritengono assurdamente, ma anche razionalmente indispensabile, un’occasione che forse non porta a niente, ma forse porta a qualcosa e perciò vale la pena di cogliere. Ci senti dentro la strada che fugge, le soste negli autogrill, il sapore delle birre e dei panini. (...) Non sfiora nemmeno l’esibizione letteraria, ma appare come una vera cronaca, simile davvero per questo suo carattere pratico e utile, a quelle dei viaggiatori medioevali, unici testimoni nel loro tempo dei paesi lontani e meravigliosi che avevano visitato. "
Vincenzo Sparagna,
Frigidaire.

http://autoprodappese.noblogs.org/

lunedì 4 ottobre 2010

Quelli che grattano la fortuna


Quelli che grattano la fortuna
spesso si pisciano addosso,
entrano nelle tabaccherie
che la gente deve turarsi il naso
quando gli passano accanto,
non ci vedono bene
e se ne stanno tutti accovacciati sui tavoli
a grattare via la striscia d’argento
dai biglietti
con l’unico cent che gli rimane in tasca
dimenticando completamente
che ne è stato della loro vita
e perché è successo.

Quelli che grattano la fortuna
hanno una sporta della spesa
ad attenderli
timidamente
sulla strada
perché è leggera
e il suo peso,
lo sanno bene
quelli che grattano la fortuna,
non reggerebbe il confronto
con quella del tabaccaio
che invece
è uno di successo.

Quelli che grattano la fortuna
hanno solo una cosa in comune
a parte il puzzo di piscio
e una vita sprecata:
ammirano tutti
le vincite degli altri
che penzolano fotocopiate
dal bancone delle sigarette,
rallentando la fila
mentre aspetti
di comprare
il tuo maledetto tabacco
a buon mercato.

venerdì 1 ottobre 2010

Un genio come tanti


Questo di cui parlo era stato un grande scrittore
aveva pubblicato un mucchio di libri
erano stati tradotti in non so quante lingue
e perfino F. P. prima di raggiungere Hemingway e gli altri
scrisse parole entusiaste sul suo lavoro.

Questo di cui parlo era stato un grande scrittore,
“la rivelazione dei nostri tempi” aveva detto qualcuno,
uno che, grazie ai suoi libri,
aveva potuto arredare le mensole dello studio
con premi, trofei, medaglie,
e un mucchio d'altri riconoscimenti.

Questo di cui parlo era stato un grande scrittore,
che sapeva come accendere anche le parole senza vita,
che era stato battezzato alle fiamme dell'inferno
e possedeva perfino una brillante dialettica,
qualcosa in più che faceva di lui un GENIO
in confronto al resto del mondo.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
e che s'era aggiunto la lettera G. di genio
a metà tra il nome e il cognome
iniziò a scrivere sempre meno
e a farsi vedere sempre di più,
specie alla televisione.

E allora?, direte voi, che c'è di male?
Era un genio, è normale che uno com'era lui
andasse a finire in qualche studio televisivo.

Io non lo so se è poi così normale.

Direte che sono uno che dimostra
più anni di quelli che ha veramente
ma penso che in TV
dovrebbero starci solo i pagliacci e le puttane
e, a meno che non debbano per forza intervistarvi
e fare di voi l'ennesimo “caso letterario del mese”,
non dovrebbe essere quello il posto
per gente che scrive.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
pensò che oltre a rispondere a qualche domanda sui suoi libri
avrebbe anche potuto illuminare col suo genio anagrafico
l'oscura coltre d'ignoranza che opprimeva i palinsesti pomeridiani.
Allora aggiunsero un posto sulla poltrona
insieme agli altri opinionisti di mestiere
e ogni giorno, all'ora del caffè,
il genio diceva la sua
su questioni che riguardavano uomini e donne comuni
con problemi troppo comuni per sembrare veri.
Era anche piacevole vederlo seduto lì
mezzo ubriaco, col sigaro stretto tra i denti
che faceva la sua bella figura da genio
messo in mezzo a quelle altre facce
di plastica televisiva.
Si vedeva, insomma, che non apparteneva a quel posto.

Ma questo di cui parlo
che era stato un grande scrittore
sembrava stare sempre più comodo
seduto su quel divano.
Pensò che non era quello il momento di mandare tutto all'aria
di appiccare un bell'incendio e scappare in sella al suo leone,
specialmente adesso che il cuscino gli aveva preso la forma del culo.
Più appariva sullo schermo
meno parole bruciavano sulle pagine
e via via
col passare dei giorni,
dei mesi,
degli anni
quello che era stato l'ultimo grande genio
della letteratura contemporanea
dovette cedere il posto sulla poltrona
a qualcuno con un indice di gradimento
più alto del suo,
a un altro genio come tanti
e farsi da parte.

Smisi di sentir parlare di quest'uomo
che era stato un grande scrittore.
Non pubblicava nulla da un pezzo
e nemmeno la sua faccia si vedeva più
in giro tra i palinsesti.

Poi,
una sera che me ne stavo lungo
disteso sul letto completamente nudo
dopo aver fatto all'amore con la mia ragazza
sfinito e boccheggiante,
mentre cazzeggio col telecomando
saltando da un canale all'altro
ecco che vedo disegnarsi sullo schermo
il volto del genio in persona.
Non era cambiato molto dall'ultima volta,
solo in viso sembrava più gonfio.
Questa volta aveva una semplice sedia di legno sotto al culo
e insieme a lui, nello studio,
c'erano altri sedicenti scrittori, sceneggiatori, psichiatri, e Dio sa cos'altro.
Si parlava di una donna che aveva ucciso il figlio di pochi anni
e ognuno di quei geni, a turno, diceva la sua a riguardo.
C'era anche una poetessa
che disse d'essersi dovuta chiudere in bagno
una volta
per non soffocare il suo piccolo in fasce
che non la smetteva di strillare.

Comunque sia
alla fine del programma
la presentatrice annunciò la prossima storia
che il genio in persona aveva scritto
appositamente per il tema della serata.
Lui stesso disse qualcosa,
definendolo come
“un racconto basato sulla DICOTOMIA grasso/magro”.
Rise di gusto
prima di aggiungere che
“questo faceva di lui un genio della narrativa contemporanea”.

Mi schiacciai una zanzara sul braccio
e rimasi in attesa del capolavoro.

Allora
una donna cominciò a recitare la storia
su quello che sembrava essere un cartone animato
disegnato apposta per il racconto.
C'era una ragazza troppo magra
che aveva sposato un uomo troppo grasso
e, dopo innumerevoli tentativi,
finalmente lei aveva dato alla luce un bambino
che però era nato con una qualche forma di ritardo
spingendo così la madre della ragazza
a soffocarlo con un cuscino.
Si chiamava “Mamma Mia!”
e il tutto sarà durato non più di 2 minuti.

Spensi la TV e mi avvinghiai al corpo sudato della mia ragazza.

Al buio di quella notte calda,
ringraziai di non essere un genio.