Il cuore della poetica in un tappo di plastica che imita il sughero
ed esce allo scoperto nudo come un verme
sbattuto in faccia all’afosa arroganza tutta italica
di una sera di mezza estate.
Il cuore della poetica
che si lascia galleggiare nell’aria umida
masticata da un ventilatore da quattro soldi
guardando fuori da una finestra di una casa non sua,
che nuota alla volta di vite tenute al sicuro
- al sicuro da tutto -
vite concluse anche per oggi dietro serrande di legno masticate dai tarli
e insinuate da blatte vacanziere
venute fuori per rendere omaggio alla luna del Sahara
- ovunque sia -
grasso satellite pallido
che si riflette dentro occhi scuri stipati in massa dentro navi pronte al naufragio,
occhi bagnati dal sangue che gridano “TERRA!” guardando 3 metri più in basso.
Cosa è successo?
Cosa è successo?
E passando all’ennesimo bicchiere opaco
che ti raccolgo
stringendoti in un pugno
e prima che sorga il sole
ti porterò via
giù
a marcire come il resto
in un’iperbole svogliata priva di senso
io
tu
e quel che resta di un fegato appassionato.