GIANNI CUSUMANO - AUTORE APPESO -

martedì 11 maggio 2010

Hard Discount


Dietro l'immondezzaio
fuori casa
c'è molta più Vita
di quanto ne veda ogni giorno
trascinarsi e arrancare
stanca e demotivata
sulle strade di questa città.

Penso alla signora Vita
e assomiglia alla vecchia barbona
che si piscia addosso
mentre si piega sulla schiena di gesso,
e la merda le scivola via dal culo
improvvisando guizzi briosi,
puntellando note fuggevoli,
glissando come le pare
sul terzo movimento per violino di Brahms.

Penso alla Vita,
e dietro di lei
ecco il vecchio pazzo
cazzo al vento
che le graffia i fianchi
lasciandola sanguinare,
prima di strapparle via le mutande
e infilarle il suo pezzo di carne molla
dritto
in
culo.

Se c'è da pensare alla Vita
e sono da solo
in una casa che puzza d'uovo marcio,
e sento riparlare
di statistiche cancerogene
o di nuovi patti d'alleanza Italo-Russi,
non posso non dedicare una parola
alla madre zingara
che tira su dai capelli
il suo piccolo monello
dall'immondezzaio.

“Trovato nulla oggi?”
“Trovato nulla oggi”,
e il violoncello stride su strade di bronzo,
il frigo è vuoto,
e quelli in TV non smettono mai di parlare.

Dico semplicemente:
cosa cazzo siamo diventati in questi vent'anni?
Così telegenici
che il solo guardarci allo specchio
ci irrita gli occhi.

E allora è arrivato il mio turno
di aspettare il turno
di pagare un boccia
che mi costa venti minuti di Vita
e 80 cents.

“Va bene se mi fai credito?”

E un polacco bianchiccio si fa avanti
senza pensarci troppo,
per saldare il debito prima di noi altri
che attendiamo di farci strigliare ben bene dal PIL
e di uscire con uno scontrino di riconoscimento
che ci faccia sentire onesti,
proprio come la gente onesta
di questo
Onesto
Paese
Unito.

Ma il catanese prima di me tende un braccio
e urla “CAZZO FAI??”
e il polacco si fa indietro,
dietro il catanese,
dietro di me,
gli africani,
i cingalesi,
gli zingari,
gli ubriaconi,
gli italiani perduti,
e c'è poco o nulla di vitale
in quegli occhi consumati e stanchi.

Scampato al conto
e alla storpia di mestiere
che accumula pietà all'uscita
ci sarebbe da pensare alla Vita,
alla signora Vita
svenuta
culo all'aria
dietro l'immondezzaio fuori casa.
Stappo la prima birra,
svolto l'angolo
ed è ancora lì
faccia a terra.
Sanguina dal culo
e un gatto
passando
le striscia la coda sulle cosce.

Allora ci sarebbe da pensare a lei
in quel momento,
così stappo la seconda bottiglia,
tiro un calcio al gatto,
e mi chino a raccoglierle il viso tra le mani.

“Come va signora?”

“Dopo il vecchio pazzo
ci ha pensato la polizia.
E dopo ci ha pensato
il mio avvocato.
E dopo il mio medico.
E alla fine è toccato al mio confessore.”

Restava ancora una birra nella busta,
una birra
e un altro po' di Vita da consumare.

“Stia tranquilla signora”, dissi.
“Ci penso io a lei adesso.”

Finito con la Vita
tornai a friggere uova
proprio come il giorno prima,
mentre un gatto col culo rosso
e una zampa malconcia
s'arrampicava su un muro di pietra umida,
leccandosi le palle
e mostrando le unghie alla luna.

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