GIANNI CUSUMANO - AUTORE APPESO -

giovedì 10 dicembre 2009

Stupri di Classe

Alle 9 post meridiane di una gelida serata di fine anno eravamo in quattro a dividerci i metri quadrati della mia tana. A parte il mio c'erano i corpi di Ira, Porca e Impaccio. Si discuteva di etica nella comunicazione giornalistica. Per l'occasione avevo cucinato strozzapreti al sugo con zucchine saltate in padella. Alla terza birra Ira sostenne di essersi fatta violentare di proposito da un suo insegnante del liceo quando ancora era al liceo. Per quel che ricordo stavo girando il sugo quando sentii Porca soffocare dalle sue stesse risate. Salai ancora un po' le zucchine e preparai quattro bicchieri puliti sul tavolo. Dalla cucina potevo sentivo Ira riempirsi la bocca con una meticolosa e accurata descrizione del cazzo del docente in questione. Più aumentavano i centimetri più Porca rischiava di morire asfissiata. Quando entrai in camera con i bicchieri quella gente, strappandomeli dalle mani, mi ringraziò mentre io pensavo come diavolo avessero fatto a finire in casa mia. Impaccio era già bello che andato ed era soltanto al secondo bicchiere, di Moretti! Quello era un segnale chiaro. Qualcosa, lì dentro, non quadrava. Ira continuò la sua storia. Disse che alla fine un uomo così non lo aveva mai incontrato. E che ancora lo rimpiangeva. Rimpiangeva tutto. Vuotai il bicchiere, affranto, e tornai in cucina. La pasta era pronta. Portai i piatti in camera e questo, per fortuna, impedì alla conversazione di andare avanti. Poi io, Ira e Porca ripulimmo il piatto mentre Impaccio scoppiò a ridere all'improvviso, senza motivo, rovesciando tutto sul pavimento. “Cazzo!”, dissi. E lui “Scusa Julio... E' che stanotte ho dormito poco. Poi mettici anche la birra...” “Gesù Cristo, ne hai bevuto soltanto un bicchiere!” Scoppiò di nuovo a ridere. E anche Ira e Porca risero di lui. Risero tutti. Tutti risero di tutti, tranne io. Scollai via con uno straccio il grano dal pavimento e Impaccio prese a parlarci di una donna che, a quanto sembrava, doveva farglielo rizzare parecchio. Ma il suo problema, il problema di Impaccio, era che non riusciva a rendere partecipe questa donna della sua erezione. Non quanto voleva lui. Dovete capire una cosa di uno come Impaccio. Lui è esattamente il genere di persona che sarebbe capace di chiedere scusa anche solo per il fatto di essere al mondo. Un tipo gentile, senza dubbio. Se c'era qualcosa, a parte l'incapacità di mangiare senza rovesciare nulla a terra, che davvero non andava in Impaccio era proprio la sua asfissiante gentilezza verso tutto e tutti. Potevate passare l'intera giornata a prenderlo a calci nelle palle e lui vi avrebbe lo stesso ringraziato. Era grato: universalmente, drammaticamente, schifosamente grato verso chiunque. Era quello il suo problema. Quello che, insomma, gli impediva di sistemare le cose con la “donna che lo aveva stregato”, per dirla come Porca mentre gli si rivolgeva così parafrasando Baudelaire.
Mandai tutti a cagare e uscii fuori in terrazza a fumare. Dovete comprendere che la tana che mi ospita si trova decisamente al di sotto del livello del suolo. Anzi, potrei dire che in linea d'aria mi trovo esattamente nella stessa identica posizione del cadavere del mio nonno paterno in questo momento. Capirete quindi che ritrovarsi la caldaia a gas dell'inquilina del piano terra, cioè a meno di cinquanta centimetri sopra la vostra testa, sbuffare fiamme a preoccupanti intervalli irregolari di pochi secondi non può essere di sicuro un buon segno. Il singhiozzo del diavolo.
Rientrai in camera che Ira cercava di rincuorare Impaccio che, nel frattempo, non sapeva come gestire il fatto che la sua “strega” fosse una dal gomito facile. “Bé”, disse Ira, “puoi sempre dirle di bere il succo del tuo amore!” Detto questo Porca ingurgitò così tanta aria in gola che non le sarebbero bastati tutti gli sfiati del corpo per poterla ridere tutta. Guardai quella scena da terzo reich con occhi pesti di disillusione. “Presto moriremo tutti carbonizzati”, dissi. “Io me ne vado. Fanculo la vostra etica. A morte la stampa”. Corsi verso un pub in centro. Lasciai quelle visioni a combattere il loro diritto d'esistere su questa Terra, da sole. Che si scannassero, erano soltanto visioni, sarebbero scomparse al mio ritorno. Sulla strada ingollai un paio di rum e pera a buon prezzo fermandomi ai chioschi. Cercai di dimenticare la storia dello stupro consensuale di Ira e la pasta incollata sul pavimento di Impaccio e le ingorde boccate d'aria di Porca. Camminai ancora ed entrai in un pub. C'era una band, “Bud Spencer & the Blues Explosion”, e quando tornai a casa tutto era come mi aspettavo che fosse.

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