GIANNI CUSUMANO - AUTORE APPESO -

martedì 2 marzo 2010

Cronache dal Vulcano -C'è un tappo di carta nella bottiglia di rum-

Il tappo del rum è scomparso. Deve averlo preso l'altra sera quella anoressica che ama farsi leccare dai suoi animali. Dio Santo, è assurdo! Quell'appartamento è davvero troppo piccolo per contenerli tutti: lei, il cane e i due gatti. In più c'è da considerare il portatore sano di sperma, l'assicurazione sul futuro: il maschio di casa. Il pene fedele in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, in vita e -se possibile- anche in morte. In tutto fanno cinque entità strette in un groviglio di carne umida e vibrante sul punto di implodere. Qualcuno dovrebbe farglielo notare, dovrebbe dirlo a quella gente. “Ragazzi, le mattonelle di cotto non giustificano tutto questo. Aprite gli occhi!”
Problemi di circolazione alle mani in questi concitati momenti di speranzoso rinnovamento spirituale. Temo l'insorgere di un tunnel carpale ma in realtà non ne so una cazzo di sindromi alle articolazioni. Probabilmente si tratta solo di una memoria annegata chissà dove nel mio cervello che rispunta fuori. Da considerare anche la seria possibilità di auto suggestione indotta da un elevato abuso di cannabis sativa. MAH! Le prove di nostro Signore, forse. Le cattive compagnie, forse. Roba niente male comunque.
Ogni giorno protesi falliche bidimensionali e tette di plastica molle tentano di corrompermi. Resisto, stretto tra crocefissi inchiodati male e padelle cancerogene sporche di grasso che minacciano di non rispettare l'armistizio. Da settantadue ore comunico solo con la mia casa. Una parete somiglia vagamente a Charles Baudelaire marcio d'assenzio, l'altra ha l'oro in bocca, ogni mattina. C'è qualcuno anche in cucina e nel cesso ma non ho ancora capito chi siano. Devo fare di tutto per concentrarmi e lasciare che questa strana piega riversa su se stessa che ha preso la mia vita torni al suo posto. Un buon ferro da stiro è quello che serve. Quello e un sentiero, un percorso chiaro da seguire, la linea nitida e precisa del colletto sulla camicia di seta. Una strada maestra, una coperta amica. E poi, basta con la carne rossa! Lo scoiattolo nell'altra stanza dice che mangiarla ogni giorno non fa per niente bene. Non gli credo. Dice che lui quella roba non la mangia, che l'ha letto da qualche parte che ti fa morire d'infarto. Forse in Inghilterra, due o tre anni fa. Ho pensato: “Guarda attentamente l'ultimo strascico bulimico del XX secolo dritto qui davanti a te. Non scordare mai il messaggio che si porta negli occhi. Cazzone sì, ma fino a un certo punto. Gli anni del colonialismo anglo americano sono ancora in agguato. Perciò stai in guardia”. Poi gli ho detto : “Tutte quelle merendine del cazzo in frigo. Ti hanno succhiato il cervello. Stai morendo. Va a farti una doccia e lasciami in pace. Mi serve tempo. Mi serve un orologio, della carne di pollo, roba del genere per Dio. Puoi darmi tutto questo? Puoi darmi quello che mi serve? No, maledetto saccaro-dipendente figlio di puttana! Allora vattene. Continuerò a dissetarmi succhiando budella di porco a basso costo. Dovrò pur aggrapparmi al passato e le salsicce fanno al caso mio. Chiamala radice culturale, qualcosa del genere. Un segno dei tempi.” Gli sputai in faccia tutto questo, senza arrossire a quanto pare.
Mario, così dice di chiamarsi. Ma potrebbe anche mentire. Potrebbe chiamarsi Impero, in fondo chi può saperlo. Comincio a non fidarmi più di quel suo sorriso deforme. Un premolare uscito dai binari gli ha squarciato la gengiva sul lato destro della bocca. Mi ha fatto venire in mente che ognuno di noi ha una parte marcia, solo che non sempre si vede. Ma io ho occhio per certe cose. So che è lì che risiede la sua essenza malvagia. Il suo tallone d'Achille. Il cuore del vampiro. Oh, dente rivelatore! Estrarlo approfittando del sonno potrebbe essere la giusta soluzione da prendere. Potrei abbreviare i tempi uccidendolo, Mario. Forse è troppo, si è troppo. Ma ci sono dei segnali che fremono di essere decifrati. Non posso far finta di nulla. Per esempio: gli piace succhiare tè argentino da una noce di cocco con una cannuccia di metallo. Dovrei finalmente decidermi ad avvelenarlo col pesticida per i topi. Okay!, giusto. Smetterla con i coltelli e magari tentare con del Ginseng sarebbe concedergli ancora del tempo ma mi aiuterebbe a ritrovare la concentrazione. La chiave per uscire da questo nido d' incubi ambulanti forse te la danno in omaggio. Mi darò da fare per trovare un erborista, uno sciamano, un guaritore indiano, uno spacciatore perché no? Uno da inseguire dopo che ti ha mollato il pacco, insomma. Così, per non sentirmi pedinato. Quindi, fino ad allora, calma. Frenare le strane sensazioni malvagie da quando è cominciato questo viaggio è d'obbligo per la buona riuscita del piano. Autoconservazione: è questo il piano. Semplice. Portare il seme in salvo è quanto di meglio possa fare per dare ancora un senso alla mia vita. Smetterla con l' odiare il piccolo down del piano di sopra, ad esempio, sarebbe un buon inizio. Lui e un maledetto cane tascabile nascosto chissà dove in uno degli appartamenti sopra la mia testa ululano in continuazione, anche senza luna. Ogni ora che il buon Dio sputa su questa terra loro gridano qualcosa al mondo. Fastidiosi e incomprensibili come il mal di denti quando tutto sembra andare per il verso giusto. Non mi lasciano riposare. È un modo di comunicare come un altro, non c'è dubbio. Il ragazzo dovrebbe vedere più luce, forse la smetterebbe. Il cane invece va definitivamente rimosso. Cancellato. Premuto fino all'ultima traccia di midollo osseo. Stento a crederci. Riappropriati della faccenda, cazzo! Pausa per un attimo, va bene? Una cosa alla volta. Trova il modo di lavare quei maledetti vestiti prima che decidano di soffocarti. Diminuisci con le uova e ama il prossimo. Segui il consiglio di quel giovane adoratore di Cristo. Forse chiamerò quel numero stampato sul biglietto da visita e chiederò di Gesù. È ora che venga a riprendersi il cane.

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